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Francesco mi parla e ritrovo la voglia. Ma sì, vado!


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Nick Dolding//Getty Images

I vostri scritti

Obliterare l'oblìo

“Obliterare l’oblio” è il verso di una poesia di colei che mi ha trascinato via dalla routine, alzando lo sguardo al cielo, dove osano i runner. Era il 7 Luglio 2021: io e Nené ci incontriamo per camminare nel bellunese. «Equilibrio, costanza, testa e ascoltare il proprio corpo», questo mi aveva detto Nené mentre camminavamo. Due ore di cammino leggere: la fatica di rimettere il proprio corpo in movimento si faceva sentire. Inizio, così, a camminare per dieci chilometri ogni giorno per quattro settimane.

Arriva settembre, inizia la scuola e riprendo a lavorare: mantengo costanza ed equilibrio, aumentando il passo di camminata e sento che il corpo si trasforma. «Cerca la felicità», mi dice Nené, già mia alunna nove anni fa e ora mia maestra, coach di running. «Devi sentire la corsa in te», mi dice Nené e mi propone di fare degli intervalli: tre minuti di corsa, più tre minuti di recupero attivo per dieci chilometri.

Inizio così la seconda parte della mia evoluzione: per un mese corro due volte alla settimana secondo la tabella della mia “coach”, con altre due giornate di camminata in cui far recuperare le gambe e defaticare. Doppo due mesi passo da 6’28/km a 5’26/km, cado un paio di volte, ma ormai sono entrato nel flow. Non ne esco più: «Vai anche più veloce di me! Un giorno potremmo correre insieme!», mi scrive Nené. «Non cercare l’orizzonte: cerca il sentiero. Troverai te stesso». Grazie Nenè!

Pasquale Nuzzolese


La mia due rocche

È il 25 aprile. Mi sveglio con un po' di mal di gola, neanche le 6 del mattino, continuo a guardare le previsioni meteo su Asolo e Cornuda, sempre più pioggia. Apro la finestra, cielo plumbeo e piove già, a Montebelluna. Mi infilo di nuovo a letto, annunciando che rinuncerò alla 2 Rocche. Mi viene da piangere. Francesco mi parla e ritrovo la voglia. Ma sì, vado!

Tutto è stato accuratamente predisposto la sera prima, abbigliamento a strati, pettorale n. 2022, giacca impermeabile, gilet con fischietto e telo termico, gel energetico e, naturalmente, le belle scarpe da trail azzurro cielo, acquistate per l'occasione.
Francesco mi accompagna in auto a Asolo, al parcheggio dell'ospedale. Sono le 8.30. Piove. Lo guardo mentre cammino verso la partenza, gli sorrido e dentro di me penso che sto facendo una cazzata, che ho puntato troppo in alto, che fallirò. Mi imbatto in un gruppetto di camminatori che mi incitano e mi rincuorano. Ho attivato il live-track così Francesco può seguirmi mentre faccio il percorso. Poi è come una magia.

I colli sono un incanto, sembra di vivere una favola. Sì, proprio come la canzone di Vasco. Corro più di quello che pensavo, cammino nelle salite più dure, il fango è scivoloso, ma le scarpette azzurre, man mano sempre più sporche, sono una meraviglia. È divertente. Rido e scherzo con altri partecipanti. Per molti tratti sono sola, ma mi sento leggera e protetta, avvolta dall'atmosfera sospesa dei sentieri, degli alberi, delle foglie, perfino della tanto temuta pioggia. I passi sono sicuri, nessuna incertezza. Penso che ho fatto bene ad allenarmi sullo sterrato e che forse avrei potuto azzardare la competitiva da 21 km, il sogno iniziale. Va bene così, sarà per la prossima. Fotografo qualche scorcio, i colli spuntano tra le nuvole, come dipinti rinascimentali. Arrivo a Cornuda in meno tempo del previsto e taglio il traguardo con il sorriso, alzando una mano al cielo per ringraziare Enri, presente ad ogni passo di questi 15 km. Francesco ad attendermi con cambio e asciugamani. Sporca di fango, fradicia, le lacrime salgono nuovamente agli occhi, stavolta di gioia.
Ce l'hai fatta, Paoletti.

In che senso le gare olimpiche di atletica saranno in piazza