Ogni periodo ha le sue mode e questo vale anche per l’allenamento. La ricerca scientifica migliora continuamente, arrivando così a scoperte sempre più accurate su quali siano i migliori metodi di allenamento, quali le sedute più adatte per raggiungere certi obiettivi, come usare gli strumenti tecnologici a disposizione, cosa evitare, smontando a volte convinzioni vecchie di decenni.
Gare ed eventi arrivano così nuovi metodi di allenamento, che delle volte rimangono, delle volte passano, delle volte semplicemente danno un nome a qualcosa che già si faceva. Che cosè la variabilità della frequenza cardiaca, HIIT, per sé è un valore che non dice tutto.
Non tutti i test però possono portare agli stessi risultati, per arrivare a solide basi ci vogliono più studi a conferma, o meglio, devono esserci studi che tentino di confutare una teoria senza riuscirci per confermare la bontà di questo pensiero. Negli sport di resistenza outdoor, come il trail running, è difficile o a volte impossibile replicare in laboratorio quello che accade sul campo di gara, inoltre non sono possibili un’infinità di cose che potrebbero portare a conoscenze più approfondite (seguire i soggetti per anni, continui test fisici di ogni genere misurando ogni parametro della loro vita, effettuare biopsie muscolari, eccetera).
La scienza non dice tutto
In tutto ciò bisognerebbe considerare poi la soggettività di ognuno, che risponde in modo diverso a seconda della propria storia e delle proprie doti e caratteristiche fisiche… Insomma, di certezze tratte dagli studi ce ne sono, ma sono molto di più gli aspetti che non si sanno. Per questo la scienza nello sport si confronta anche con l’aneddotica e con l’esperienza sul campo da parte di allenatori e atleti, Come migliorare la tecnica per correre più veloce.
Più volume significa più miglioramenti?
Negli sport di resistenza sappiamo che il volume di allenamento è una componente fondamentale. Non ci si può allenare bene per una maratona correndo 5 km a settimana, ma quando si arriva a determinare il numero di km “minimi”, “necessari”, “ottimali”, si arriva a dare cifre basandosi a volte su convenzioni, su abitudini passate, su esperienze varie, su statistiche raggiunte attraverso studi e ricerche. Quei valori sono però spesso una media, una statistica, che non è detto vadano bene per tutti. Esercizi di forza che dovresti fare dopo i 30 anni (Contatta la redazione) per sé è un valore che non dice tutto, se non è calcolato insieme alla distribuzione dell’intensità e soprattutto allo stress generale extrasportivo. Ultimamente si parla molto di volumi e kjoule di allenamento, soprattutto quando si tratta di ciclismo o di triathlon. Questo è un valore che si potrebbe spostare anche nel trail se si volesse misurare il volume di allenamento in modo univoco (anche se con le discese quel dato finisce per non dire proprio tutto), ma l’equazione “più volume=migliori performance atletiche” non sempre è corretta.
Accumulare volumi senza lasciare al corpo il tempo di assimilarli può finire per far ristagnare le prestazioni, o andare in sovrallenamento. Il volume di allenamento è sicuramente importante, ma serve non perdere d’occhio tutto l’insieme, ovvero l’intensità, la specificità degli stimoli, il potenziamento, l’alimentazione, il riposo, lo stress della vita quotidiana. Tenendo conto di questo si può arrivare a volumi che siano assimilabili e che permettano un reale miglioramento fisico e non solo l'affaticamento. Sempre meglio fare un po' meno che troppo. Perché la supercompensazione arriva non solo grazie all’omeostasi, ma con il ritorno alle condizioni fisiche iniziali in modo da favorire una crescita.